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al testo di Michele Nigro
La speranza ai tempi del colera
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a Gabriel García Márquez Ho già belle e pronte in paziente attesa dagli anni verdi tutte le cose ereditate da usare in vecchiaia, la cipolla del nonno ferroviere per quando, assuefatto alla provincia antenata non avrò più treni da prendere e futuri in cui sperare, il tabacco da sniffare, come sacre ceneri di giorni assenti per quando, evaporata l’ultima goccia di Preludio d’Oriente non avrò più pelle di collo da odorare e carte impregnate da conservare, la cassetta militare di mio padre, tarlata dall’irrisolto per quando, una volta lette tutte le parole che andavano lette e dopo averle rilette insieme agli altri reperti dell’anima amata giungerà il momento di mettere da parte, senza lucchetto i libri dedicati con amore e disperazione e i biglietti rifiutati dalla storia ufficiale rispediti al mittente per non lasciare tracce.
Ho già bello e pronto, è sempre lo stesso, non potrò più cambiarlo – e se poi mi chiami al tramonto? –, il numero di telefono dell’altrove per quando, spezzate nel sogno le ultime catene invisibili dell’indecenza ormai libera, sarai pronta ad invecchiare con me nell’angolo perfetto della vita.
(tratta dalla raccolta "Pomeriggi perduti", Edizioni Kolibris - 2019)
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